Il dialogo e il silenzio

Il dialogo è uno scambio articolato d'opinioni che in genere mira a un chiarimento fatto a voce tra due o più soggetti presenti oppure distanti; in quest'ultimo caso, il dialogo può essere condotto con mezzi di comunicazione come il telefono o sistemi di videoconferenza. Anche l'interazione simultanea per e-mail o attraverso le chat lines possono essere considerate forme di dialogo. In senso più generale e traslato, per 'dialogo' si intende anche la 'comunicazione' di tipo generazionale (per esempio: il dialogo tra genitori e figli) e la relazione verbale all'interno della coppia e della famiglia, intesa come ingrediente fondamentale per mantenere l'armonia della stessa e per sciogliere eventuali nodi irrisolti di incomprensione.

Ci sono persone che amano comunicare attraverso il dialogo, altre che prediligono una comunicazione più 'asciutta', giocata su un telegrafico 'botta e risposta'. In ogni caso il dialogo non deve essere un obbligo, ma un piacere, un gioco che ciascuno modula in base alle proprie attitudini e al proprio modo di essere.

Nella comunicazione di coppia può capitare che non ci si capisca e una battuta può scatenare dissidi, nervosismo ma anche crisi profonde... Competitività, ruoli preformati e distacco minano a volte il dialogo a due fino ad azzerarlo del tutto o trasformarlo in una continua battaglia. A meno di non adottare qualche correttivo. Lui e lei non devono mai dialogare in modo competitivo: meglio abolire i confronti e parlare di argomenti oggettivi, concreti, che non implichino giudizi o prese di posizione. I partner non dovrebbero usare il dialogo come pretesto per lamentarsi e manifestare un atteggiamento da vittima inconsolabile: le continue lamentele trasmettono all'altro un senso di impotenza che ingrigisce la comunicazione , oltre che, alla lunga, stancare. Un dialogo di coppia è più frizzante se si arricchisce di parole nuove, battute, racconti di episodi speciali. E soprattutto nel dialogo di coppia non bisogna commettere l'errore di mettersi nella testa dell'altro: meglio lasciare che siano lui o lei a esprimere quello che davvero pensano, e la conversazione tornerà ad essere stimolante e piacevole, proprio come all'inizio della relazione.

Anche il dialogo tra genitori e figli è un campo di battaglia spesso ricco di vittime! Per evitare incomprensioni e interruzioni ricattatorie della comunicazione, sarebbe auspicabile che genitori e figli dialogassero sullo stesso piano e che i genitori non si mantenessero per partito preso sul piedistallo dei 'giusti' e dei censori. Per fluidificare il dialogo intergenerazionale, è indispensabile che i genitori non impongano le loro idee alla prole e i figli non siano costretti a raccontare tutto e dimostare di essere all'altezza di partecipare ad un certo tipo di conversazione di cui nulla può interessargli...i genitori non si sentano obbligati ad avere sempre qualcosa da dire o da insegnare e ogni tanto, che male non fa, il dialogo sia intervallato da brevi silenzi e da gesti concreti, per esempio un abbraccio o una carezza, che trasmettono molto di più di qualsiasi parola!

E' sempre la spontaneità la chiave di un dialogo felice, che sgorga con facilità solo quando si mettono da parte i pregiudizi e le prese di posizione. Questa regola vale a maggior ragione nei dialoghi sul lavoro (con i superiori o i colleghi) e con gli amici: l'unica condizione che consente di dialogare in maniera appagante è la capacità di 'uscire da noi stessi' e di aprirci alla scoperta degli altri.

Vero è anche che non bisogna parlare per forza: anche se c'è stato un litigio o si attraversa una fase in cui non ci si comprende, è meglio non ostinarsi a parlare, ma darsi una pausa di riflessione. Una pausa di silenzio può rimettere le cose a posto.

Sul lavoro e con gli amici, meglio costruire il dialogo improntandolo sempre sul presente: parlare sempre di passato, di ricordi, di esperienze già vissute rischia di portare il dialogo fuori dal tempo e di decontestualizzare i presenti dalla realtà.

Ed evitate i resoconti: non c'è niente di più banale di un dialogo che si regge su domande del tipo: 'novità ?', oppure 'cosa mi racconti di bello' ? ... Costretti a rispondere, si rischia di parlare per frasi fatte o dare risposte ugualmente banali o menzognere... A quel punto il dialogo si spegne.

Il dialogo è sano quando non viene interposto troppo tempo tra il momento in cui le parole vengono pensate e la fase in cui vengono emesse...genera benessere e autostima in chi dialoga, perchè fa circolare energia tra i soggetti che vi partecipano e opera una trasformazione nella relazione. Un soliloquio o un interrogatorio non sono dialogo perchè non hanno la caratteristica più importante: lo scambio! E per essere sano non deve essere infarcito di 'mezze verità'  e giri di parole, ma deve essere improntato alla schiettezza e alla sincerità.

Siamo circondati da un eccesso di suoni, rumori, parole. Abitiamo in un mondo improntato alla continua comunicazione verbale (spesso stereotipata), ci nutriamo di linguaggio ma a volte... facciamo indigestione. Senza dimenticare che, molto spesso, chi non sta mai in silenzio non è nemmeno capace di ascoltare. In molti casi, inoltre, la parola diventa uno strumento per colmare i vuoti di un silenzio che ci spaventa, un mezzo per essere sempre al centro dell'attenzione o un'alleata per mascherare un 'vuoto di comunicazione' che scaturisce dalla timidezza. Impariamo invece ad apprezzare il silenzio, che non a caso aveva un posto d'onore nelle società antiche per le quali la meditazione e il raccoglimento silenzioso nei templi erano momenti indispensabili nella vita di ogni uomo.

Non è solo l'assenza di suoni che purifica il nostro essere: lo è anche l'assenza di parole 'costruite', che ci libera dagli schemi mentali superflui. Del resto, come afferma la filosofia zen: ' Afferra una frase, scuotila per bene, finchè tutte le parole non cadono. Ciò che rimarrà darà energia al tuo cuore'.

Viviamo in una società dove dialogare è diventato un obbligo, dimenticando che il silenzio è, spesso, l'unico luogo dove possiamo incontrare la parte più vera di noi stessi e degli altri.

Dr. Angelo Carli

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