L'alcol come non lo avete mai letto

L’abuso cronico di alcol rappresenta un problema sociale ed una patologia relativamente frequente nei Paesi occidentali. Si stima che mediamente il 30% dei soggetti ospedalizzati in Europa e USA hanno patologie alcol-correlate e, a tal proposito, è stato evidenziato che, nei soggetti anziani, la presenza di malattie secondarie ad abuso di etanolo rappresenta un motivo di ricovero ospedaliero tanto frequente quanto lo è l’infarto del miocardio.

L’etanolo è una molecola lipofila ( = che si scioglie facilmente negli oli e nei grassi) che, muovendosi facilmente attraverso le membrane cellulari, raggiunge rapidamente l’equilibrio fra sangue e tessuti. La maggior parte dell’alcol viene assorbito nel tratto digestivo superiore (70% stomaco e 25% duodeno); intestino tenue e colon contribuiscono per il rimanente 5% della dose ingerita.

La velocità di assorbimento gastrointestinale dell’alcol dipende da diversi fattori quali la quantità e la qualità della bevanda ingerita, la modalità di assunzione (dose unica o ripetuta), la presenza, quantità e qualità del cibo nello stomaco ( i grassi rallentano l’assorbimento, alcuni carboidrati, l’acqua, le bevande gassate e il digiuno lo accelerano) ed il tempo di svuotamento gastrico.  In condizioni di digiuno l’assorbimento è pressoché massimale già a distanza di 40 minuti dall’assunzione. Il picco alcolemicosi osserva dopo 25-45 minuti dall’assunzione e l’alcolemia non è più rilevabile dopo 6 ore dall’assunzione. Circa il 90% dell’alcol assorbito dal tratto digestivo viene completamente ossidato ad acqua ed anidride carbonica; solo il 10% viene eliminato con l’aria espirata, con le urine e con il sudore.

Le donne presentano valori di alcolemia più elevati rispetto agli uomini in seguito a somministrazione orale di pari dosi di etanolo poiché hanno un minor contenuto corporeo di acqua e perché l’ADH [alcol-deidrogenasi = enzima allabase dell’assorbimento di etanolo] gastrico maschile ha una attività ridotta rispetto a quello femminile. Tale caratteristica, accrescendo la biodisponibilità dell’etanolo, sarebbe responsabile della maggior suscettibilità del sesso femminile ai danni correlati ad un uso inadeguato di alcol.

L’abuso cronico di etanolo può indurre un cambiamento dei componenti fosfolipidici delle membrane cellulari con alterazione della micro viscosità di membrana.  Detto in parole  più semplici l’effetto diretto dell’alcol sulle cellule è uno dei principali responsabili della riduzione della risposta immunitaria e quindi delle difese contro le infezioni. E’ stato inoltre dimostrato che l’alterazione cellulare prodotta dall’alcol rende assai difficile il mantenimento dell’omeostasi del Calcio, con ovvie ripercussioni su ossa e denti, ma anche sulla coagulazione del sangue e la stimolazione di nervi e muscoli.

Gli effetti tossici dell’abuso di alcol provocano inoltre un esponenziale aumento di incidenza del CARCINOMA DEL CAVO ORALE E DELLA LINGUA, esofagite, gastrite acuta emorragica, gastrite cronica con metaplasia intestinale, CARCINOMA GASTRICO, malassorbimento intestinale, pancreatite acuta e cronica, ingrossamento della milza.

A livello epatico, specie in abusatori che aumentano costantemente la quantità, è frequente l’EPATITE ACUTA ALCOLICA che può essere asintomatica (unico segno presente è l’epatomegalia: fegato ingrossato) o manifestarsi con dimagrimento, nausea, vomito, febbre, dolori addominali ed ittero: quadro di sintomi che troppo spesso vengono confusi in sede medica con una colecistite acuta. Dopo poche ore dall’introito alcolico il soggetto che ne è affetto manifesta non solo un malessere generale e profondo ma viene colpito da un forte senso di freddo a cui corrisponde un rialzo termico (febbre), successivamente compare ittero alle sclere ( gli occhi diventano giallastri) e poi alla cute, con urine che acquisiscono un color marsala. Gli esami di laboratorio rileveranno un aumento delle transaminasi, della fosfatasi alcalina, della bilirubina totale e frazionata e del GGt. La quota di trigliceridi subisce un forte aumento tanto da far rilevare in laboratorio il classico quadro di 'siero lattescente'. L’associazione tra siero lattescente, anemia emolitica e ittero prende il nome di SINDROME DI ZIEVE, quadro patologico particolarmente grave che spesso si complica con una PANCREATITE ACUTA ALCOLICA, ovvero l’infiammazione acuta del pancreas. In base alla severità del danno la pancreatite acuta può anche generare la morte delle cellule pancreatiche il che determina la produzione di sostanze altamente tossiche per l’organismo che possono esitare in un quadro di insufficienza multiorgano.

 La STEATOSI (accumulo di grasso nella cellula epatica per eccesso di sintesi dei trigliceridi e per difetto della secrezione di lipoproteine) è una condizione cronica di frequentissimo riscontro nei bevitori cronici. Clinicamente è asintomatica (solo raramente provoca dolore sotto le coste a destra). Trattasi di una alterazione degenerativa benigna e reversibile con la sospensione dell’assunzione alcolica e di per sé NON rappresenta (come molti credono) una lesione pre-cirrotica. La diagnosi si pone con una ecografia addominale.

LA CIRROSI EPATICA ALCOLICA è una patologia mal definita poiché è ancora assai controverso il ruolo dell’alcol come principale 'attore'. La maggior parte dei ricercatori oggi propende per la tesi che l’abuso alcolico costituisca solo un cofattore (basta ricordare cosa combina l’alcol alle cellule), sebbene di notevole importanza. Il ruolo fondamentale pare essere di origine virale, ed in un organismo con un sistema immunitario compromesso non è difficile capire che entrare in contatto e far sviluppare il virus è cosa abbastanza facile.

Passando invece all’apparato cardiovascolare non molti sanno che l’ingestione acuta di forti quantità di alcol (tipica dei finesettimana e della fascia di età più giovane) può indurre anche nel soggetto sano alterazioni cardiache sia meccaniche che elettrofisiologiche, nel soggetto già cardiopatico (specie con coronaropatie) è sufficiente l’assunzione di quantità d’alcol tale da indurre una alcolemia di 50 mg/100 ml per determinare un danno a carico della funzionalità cardiaca evidenziabile con una riduzione massiva (ripeto…massiva) della gittata cardiaca e della pressione arteriosa. Non peraltro l’assunzione acuta di etanolo determina una scarsa capacità da parte del bevitore di compiere sforzi fisici. Nell’etilista cronico l’alcol può indurre tachiaritmie parossistiche sopraventricolari, fibrillazione atriale e ventricolare, di frequente rilevazione nei Pronto Soccorso specie nei week-end. Tali condizioni regrediscono completamente dopo l’astensione dall’alcol.

L’intossicazione cronica provoca invece effetti molto più deleteri e  la lesione più tipica è rappresentata dalla CARDIOPATIA ALCOLICA di cui si distingue la forma congenita, dovuta all’assunzione di dosi inadeguate di alcol da parte della madre durante la gravidanza, che provoca malformazioni cardiache al feto e ipossia secondaria data dalla riduzione del flusso placentare indotta dall’alcol. Vi è poi la forma ipercinetica (aumento della velocità di circolo) dovuto a carenza di tiamina, che evolve verso lo scompenso cardiaco ad alta gittata da sovraccarico di volume con insufficienza ventricolare e vasodilatazione periferica. Clinicamente queste modificazioni emodinamiche si traducono in palpitazioni, difficoltà respiratorie durante sforzi fisici o durante le ore notturne. La situazione è reversibile con una terapia adeguata e la completa astensione alcolica. Nei casi non trattati, viceversa, l’evoluzione può essere rapidamente MORTALE  per l’instaurarsi di uno stato di acidosi metabolica dato dall’accumulo progressivo di acido lattico e l’aumentata velocità di circolo che induce insufficiente scambio tissutale di ossigeno.

Infine la più tipica è la CARDIOMIOPATIA ALCOLICA, dovuta all’azione diretta dell’alcol sul muscolo cardiaco. E’ frequente soprattutto nei maschi, di età compresa tra i 35-50 anni con un consumo medio di 60 grammi al giorno da almeno 10 anni. La patologia è provocata dall’azione tossica diretta dell’etanolo e dei suoi metaboliti (soprattutto l’ACETALDEIDE) sulla fibra miocardica ma anche del solfato di Cobalto (aggiunto alla fabbricazione della birra). Spesso l’evoluzione è mortale. Il decesso intercorre mediamente entro 5 anni dalla diagnosi. Tuttavia la completa astensione dall’alcol può ridurre la mortalità quanto più precocemente viene instaurata.

L’assunzione cronica di etanolo favorisce anche la condizione di IPERTENSIONE ARTERIOSA. Studi epidemiologici hanno acclarato una prevalenza doppia nei soggetti forti bevitori rispetto agli astemi. Al contrario l’intossicazione acuta è spesso associata ad IPOTENSIONE ARTERIOSA per il potente effetto vasodilatatore dell’alcol soprattutto a livello cutaneo, inducente una termo dispersione. L’insorgenza di ipertensione arteriosa è frequente anche nelle fasi iniziali dell’astinenza da alcol per la liberazione in circolo di catecolamine. Di norma si stabilizza entro 7/10 giorni dalla sospensione del bere.

A livello del sistema nervoso, i danni neurologici si distinguono nell’intossicazione acuta e cronica. In acuto variano a seconda delle quantità ingerite: si va dalla loquacità ed euforia ( 0,30 gr/dl), all’incoordinazione motoria ( 0,5), alla disartria, atassia e stato confusionale (1 g/dl) sino al coma etilico con arresto cardiorespiratorio (> 3 g/dl). Per capire meglio le dosi possiamo dire che con 4 bicchieri di vino rosso, in soggetto adulto , si instaura euforia e loquacità, da 4 a 6 bicchieri l’incoordinazione motoria con relativo stato di conclamata ubriachezza e con più di 7 bicchieri il rischio di coma etilico è molto alto. Con la birra l’ubriachezza  si instaura dopo 6/7 boccali ( circa 1,5 l ) e il rischio di coma si alza verso il doppio. Per quanto riguarda i superalcolici saranno sufficienti 2/3 bicchierini per l’euforia, 5/7 per l’ubriachezza, oltre gli 8 per elevare pericolosamente il rischio di coma etilico.

La sensibilità del sistema nervoso centrale all’alcol è però diversa nel forte bevitore e nell’etilista cronico in cui, a seconda degli stadi, si può assistere ad un aumento o ad una riduzione della tolleranza, legata in gran parte alla presenza o assenza di danno epatico. Il 'reggere' forti dosi di alcol non è una condizione eterna e nel tempo è molto alta la probabilità di perdere tale capacità, soprattutto  per danni organici oramai presenti.

Nell’intossicazione cronica, invece, la POLINEURITE ALCOLICA la fa da padrona.  E’ una forma di polineuropatia riconducibile principalmente ad una carenza del complesso vitaminico B e di acido folico. Interessa circa il 20 % dei pazienti con evidenza di abuso alcolico. Clinicamente si manifesta lentamente e la sintomatologia è soprattutto a carico degli arti inferiori, con parestesie e dolori crampiformi. Caratteristica è la sensazione di 'piedi brucianti' che se toccati anche solo dalle lenzuola subiscono dolori intensissimi. Successivamente compare anestesia  e dipoestesia fino ad un deficit motorio (piede cadente) con paresi della dorsiflessione di piedi e mani. La NEUROPATIA OTTICA si accompagna frequentemente al quadro precedentemente descritto ed è causata sia dall’azione tossica diretta dell’alcol sul nervo ottico, sia dalla carenza di tiamina. L’evoluzione, se non trattata, è nell’ATROFIA OTTICA.

Il deficit di tiamina è responsabile anche dell’ENCEFALOPATIA DI WERNICKE. E’ caratterizzata da emorragie puntiformi nella parte superiore del mesencefalo, nell’ipotalamo, nelle pareti del III°ventricolo e nei corpi mammillari. Si manifesta con vomito, visione doppia, nistagmo, ptosi palpebrale evolvendo in disorientamento psichico, alterazioni importanti della memoria a breve termine, disorientamento spazio/temporale, agitazione notturna, allucinazioni. Nei casi iniziali la sospensione dell’alcol e la terapia farmaco-dietologica forniscono ottimi risultati.  Peraltro oltre il 25 % dei soggetti affetti da demenza cronica ha una storia di alcolismo.

Inoltre negli etilisti cronici anche la patologia infettiva polmonare e bronchiale presenta una incidenza particolarmente elevata, in particolar modo vi è maggior incidenza di TBC, broncopolmoniti, pleuriti, bronchiti ed enfisema polmonare.

Sotto il profilo sessuale modeste dosi di etanolo possono aumentare l’impulso, per l’azione disinibente e socializzante legata all’alcol, ma d’altra parte, nell’uomo, possono contemporaneamente diminuire le capacità di erezione. L’assunzione cronica di alcol determina IPOTROFIA DEI TESTICOLI, alterazione degli spermatozoi (Oligospermia) e impotenza. Nella donna, invece, vi è una forte riduzione della fertilità e un aumento della POLIABORTIVITA’ SPONTANEA.

E’ inoltre noto che l’alcol, assunto a dosi inadeguate, e durante la gravidanza, possiede attività teratogene. La SINDROME FETO-ALCOLICA è una delle principali cause di RITARDO MENTALE nei bambini e di nascituri sottopeso e prematuri.  Provoca inoltre ritardo di crescita, problematiche relative allo smalto dentale, anomalie cardiache (malformazione del setto interventricolare o atriale).

Per finire l’uso inadeguato di alcol è associato con una aumentata incidenza di neoplasie, soprattutto a carico di fegato, esofago, nasofaringe e laringe. Inoltre in soggetti etilisti si sviluppa molto frequentemente la gastrite cronica atrofica, precursore del cancro gastrico.

Studi epidemiologici su larga scala hanno anche evidenziato una associazione fra abuso di alcol e neoplasia prostatica.

E’ stato calcolato che l’utilizzo cronico di alcol riduce la speranza di vita mediamente di 12 anni, provocando un doppio tasso di mortalità negli uomini e triplo nelle donne. L’incidenza di SUICIDI è sei volte rispetto alla norma.

L’alcolismo è una delle patologie che sfugge più comunemente alla diagnosi. I medici spesso non lo prendono in considerazione fino a quando la malattia è evidente e si sono manifestati seri problemi a livello sociale e patologico. La TERAPIA è basata su varie possibilità di intervento che dovrebbero instaurarsi collegialmente.

La nutrizione è uno dei capisaldi terapeutici, poiché gli etilisti tendono a non mangiare, sostituendo il cibo con l’alcol, sostanza ricca di calorie ma molto scarsa di nutrienti con conseguente MALNUTRIZIONE, la quale, da sola, può essere causa fondamentale di diverse patologie.

I principali enzimi necessari per la disintossicazione dall’alcolsono sono gli enzimi zinco-dipendenti poiché il consumo di alcol provoca una forte carenza di zinco. L’integrazione di zinco è pertanto fondamentale poiché accresce considerevolmente l’eliminazione delle proprietà tossiche del’alcol.

Anche la carenza di vitamina A è diffusa negli alcolisti e sembra reprimere il consumo di alcol ma solo nei ratti di sesso femminile. Gli studi in merito sono ancora in corso, per cui è precoce e fuori luogo l’inserimento della vitamina nei protocolli terapeutici, salvo che non vi siano evidenze cliniche di avitaminosi A [principalmente con sintomi oculari: emeralopia (indebolimento o perdita della vista al buio) e xeroftalmia (diminuzione della trasparenza della cornea)].

Bisogna considerare e tenere sempre ben presente che l’alcolismo è una malattia difficile da trattare. Esistono anche in medicina naturale numerosi schemi terapeutici di disintossicazione ma i successi a lungo termine documentati sono ancora pochi rispetto alla dimensione del fenomeno.

Il trattamento si dovrebbe basare essenzialmente su consulenze psichiatriche e psicoterapeutiche finalizzate soprattutto all’insegnamento di un nuovo stile di vita, audiuvate da terapie mediche di supporto al fine di ristabilire i corretti equilibri metabolici. Essendo parecchio ampia (come abbiamo visto) la gamma dei processi morbosi a cui l’alcolista può andare incontro, si rende necessario e fondamentale un controllo clinico diagnostico globale (NON solo psichiatrico). Il paziente, una volta ammesso il problema (cosa non facile né scontata) deve essere spinto ad intraprendere un programma di trattamento con più figure professionali d’aiuto: dal medico di famiglia che dovrebbe coordinare gli interventi e supervisionarli (il condizionale, ahimè, è d’obbligo) allo psicoterapeuta (che deve avere esperienza alcologica, altrimenti è inutile), dallo psichiatra al gastroenterologo, da un gruppo di sostegno (ACAT, Alcolisti Anonimi, Narcotici Anonimi) ad un percorso personalizzato di ri-educazione fisica, alimentare e fisiologica.

Un’astinenza completa e continua è la politica migliore verso la disassuefazione, e per tale motivo i famigliari sono i primi a doversi sentire parte integrante del percorso terapeutico, non tanto come 'controllori' (l’esito è quasi sempre fallimentare) ma come reale sostegno ed esempio da seguire.

Gli psichiatri e gli educatori di riabilitazione saranno punto cardine nella programmazione e nella gestione dei processi direcupero. L’eventuale integrazione a avvicinamento ad una nutrizione olistica saranno solo il passo successivo (mai il primo)  dopo la presa in carico del paziente da parte del personale medico internistico e psichiatrico. 

Dr. Angelo Carli

Leggi anche "L'alcolismo e la fitoterapia" a cura del Dottor Angelo Carli

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